Pillole autoctone, il Cesanese
Continuiamo a dispensare pillole informative sugli autoctoni laziali. E’ la volta dell’uva a bacca rossa più conosciuta il Cesanese.
Le origini del suo nome sono riconducibili a varie storie, ma io mi dichiaro partigiano di una che mi piace particolarmente.
Uva antica, conosciuta dai tempi dei romani, faccio ricondurre l’origine del suo nome dall’uso delle legioni romane di portare sempre con loro delle marze di vigna da impiantare nei dintorni dei nuovi “ castra “ che fondavano. Per costruire il castrum occorreva del legno, quindi si disboscava effettuando delle “cesae” ovvero dei tagli. Al posto degli alberi si impiantavano queste barbatelle e le vigne così nate erano di “cesaenese”.
Relativamente alle sue origini, si ipotizza che appartenga al gruppo delle “Alveoli”, citate da Plinio come fonti di copiose produzioni di vino rosso nella zona di Ariccia.
Distinguiamo due tipologie differenti di cesanese, quello Comune e quello di Affile. Come è possibile comprendere dai nomi stessi, il Cesanese Comune è diffuso in diverse zone del Lazio, con netta prevalenza nel territorio intorno ai Castelli Romani. mentre l’area di produzione del Cesanese di Affile è localizzata nel territorio dell’omonimo comune e nei comuni della DOC di Olevano Romano e della DOCG di Piglio.
Le caratteristiche botaniche sono le seguenti: “la foglia è grande, pentagonale, trilobata e a volte quinque lobata. Il grappolo è medio, cilindrico-conico, anche alato, mediamente compatto. Ha un acino: medio, ovale o sub-ovale , la sua buccia è consistente, spessa, di colore nero-violaceo, abbondantemente pruinosa.”
Con queste uve si producono i più interessanti rossi del Lazio, e anno dopo anno le costanti migliorie agronomiche ed enologiche stanno facendo raggiungere ai vini a base di uve cesanese vette altissime conquistando i premi nelle migliori competizioni enologiche.
Certamente i migliori risultati li otteniamo nella Denominazione di Olevano Romano, di Affile e nella DOCG del Piglio, ma interessanti vini a base di Cesanese si producono anche ai Castelli Romani.
Senza nulla togliere a Olevano e ad Affile dove ho degustato dei vini di rara qualità e piacevolezza, e con la DOCG del Piglio ottenuta nel 2008 che i vini del Lazio hanno iniziato a riscontrare successi oltre i confini regionali.
In parte avrà contribuito a questa crescita anche la documentatissima storia di questo vino.
In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Piglio” è attestata fin dall’epoca romana, in molti reperti dei georgici latini. “Gli Statuti della Terra di Piglio, emanati il 30 maggio 1479, regolavano l’ordinamento della Comunità di Piglio su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi Capitoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura. Altro documento in cui viene citato il vino “Cesanese” è costituito dal Libro Mastro del 1838 conservato presso l’Archivio dell’Abbazia di Subiaco, la quale deteneva il possesso della maggior parte dei terreni della zona del Piglio. Si tratta di un registro contabile in cui si annotavano Entrate e Uscite del Monastero. Nel mese di ottobre si riporta Vendemmia di Subiaco → Cesanese; Vendemmia di Piglio→ Cesanese. Successivamente, dal Quaderno, estratto dagli Annali della Facoltà di Agraria della R. Università di Napoli del 1942 è possibile ricostruire le vicende legate alla fama del vino in esame, laddove si sottolinea come “ … i Cesanesi risultano avere l’assoluto predominio nella viticoltura della zona: il vino risulta, inoltre, molto apprezzato da tutti i consumatori, specialmente da quelli della Capitale i quali, si dice, dei Castelli conoscono ormai i soli vini bianchi e di Cesanese non apprezzano che quello di Piglio”. In altra pubblicazione enologica del 1942 ( Bottini, O., Venezia, M., op. cit., 1942, p. 35), oltre a mettere in evidenza taluni problemi colturali, l’autore si prefiggeva di migliorare il prodotto, farlo conoscere e organizzare i coltivatori: “Sarebbe necessario sottrarre al caso il processo fermentativo”, si legge, “e cominciare a sorvegliarlo e disciplinarlo; selezionare i tipi di Cesanese che incontrano maggiormente il favore del pubblico, fissarne le caratteristiche e tenerle il più possibile costanti nel tempo. Successivamente la notorietà del prodotto è registrata in riviste di diffusione regionale degli anni ’50 e ’60. Nel 1958, in occasione della I^ Mostra Campionaria di vini, il prof. Bruni del Ministero dell’Agricoltura e Foreste, nell’ambito di una conferenza afferma che “per i vini neri, che dovrebbero essere incrementati, il vitigno fondamentale dovrebbe essere il “Cesanese”. Nel 1959, in occasione della II^ Mostra Campionaria di vini, si parla del “famoso rosso Cesanese”. Nel 1961 si dice che “il Cesanese, quello del Piglio, può considerarsi degno competitore dei vini superiori delle altre regioni come il Barolo, il Brolio, il Valpolicella, il Chianti, il Nebiolo”. Nel 1973 il Cesanese del Piglio ottiene il riconoscimento DOC e l’evento è ricordato in un articolo in cui si esalta l’attaccamento e la dedizione dei coltivatori al loro “Cesanese” cresciuto e allevato come se fosse un figlio, anche nei tempi difficili quando la viticoltura rendeva poco e la maggior parte dei contadini abbandonava i campi per cercare altrove una fonte di sostentamento. Si esalta, inoltre, l’atavico attaccamento alla terra, alle tradizioni, alla passione di far uscire dai vigneti un vino sempre migliore.”
La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende (che all’inizio si appoggiano alla Cantina sociale per la vinificazione) e dalla professionalità degli operatori che hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Cesanese del Piglio”, che le ha valso il passaggio alla categoria DOCG nel 2008.
Dal vitigno Cesanese Comune, vinificato spesso con altre uve, si ottiene un vino rosso rubino con bouquet tipico molto caratteristico e dal sapore asciutto con retrogusto amarognolo. Dal vitigno Cesanese d’Affile si ottiene un vino dal colore rosso rubino che tende al granato con l’invecchiamento. Al naso è delicato con sensazioni di frutti di bosco (mora e mirtillo), spezie e violetta. In bocca è generalmente pastoso, tannico, leggermente amarognolo, intenso e di ottima struttura.
Quando devo far capire ad un amico il livello di qualità raggiunto dai vini del Lazio, inevitabilmente se parliamo di vino rosso devo far assaggiare un cesanese nelle sue varie declinazioni. Etichetta consigliata?
Azienda Agricola Vela Tiziana Agape Cesanese del Piglio Superiore DOCG
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