Buon Vinitaly a tutti
Grandi novità dall’edizione 2011 di Vinitaly, la numero 45,fa sicuramente piacere il trand positivo dei visitatori, ma lasciatemelo dire visto che personalmente sono almeno 10 anni che peroro questa linea , dall’edizione del 2012 i giorni di visita alla manifestazione cambieranno Infatti come Annunciato dal presidente di Verona Fiere Ettore Riello ci sarà il cambio dei giorni di apertura, che dal giovedì al lunedì passano dalla domenica al mercoledì (1-4 aprile 2012). Un cambio strategico, per dare ancora più spazio al business e che intende favorire anche ristoratori, chef e titolari di wine bar, che beneficeranno di più giorni coerenti con le loro giornate di chiusura settimanale”.
Questa è la prima notizia diffusa nel corso della cerimonia inaugurale presenti, oltre al ministro Saverio Romano, il ministro per i beni culturali Giancarlo Galan, il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, il sindaco di Verona Flavio Tosi, il presidente della Provincia Giovanni Miozzi e presidente dell’Ice Umberto Vattani, il presidente di Federvini Lamberto Vallarino Gancia, il presidente dell’Uiv Lucio Mastroberardino e il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani.
Quindi per questo anno da venerdì 7 a lunedì 11 aprile tutti a Verona, a provare i nuovi vini e ad ascoltare le nuove storie dei produttori. La 45^ edizione del più importante salone internazionale dedicato ai vini e ai distillati registra già alla prima giornata di evento un’ottima affluenza di operatori professionali, confermandosi la più grande fiera per il business e la cultura del vino, con più di 4.000 espositori da 23 Paesi su oltre 92.000 metri quadrati espositivi netti e che con Sol, Agrifood Club ed Enolitech rappresenta un poker di manifestazioni unico al mondo.
Il parterre inaugurale rappresenta per i vari politici addetti ai lavori presenti un occasione ghiotta per esporre i loro progetti : il neo ministro alle politiche agricole, Saverio Romano, ha dichiarato che sta già lavorando sulla riforma dell’Ocm vino del post 2015. “Abbiamo un obiettivo chiaro: eliminare la norma che riguarda la liberalizzazione degli impianti. D’accordo con la Francia non permetteremo che vengano applicate nuove regole senza fornire ai produttori e alle filiere adeguate certezze di conservazione di quel valore di sistema che fino ad oggi ha consentito lo sviluppo del nostro made in Italy di qualità”.
Riguardo ai diritti di reimpianto, no del presidente della Regione Veneto Luca Zaia ”all’ipotesi di deregulation che l’Unione Europea vorrebbe applicare. Sarebbe questa una misura – ha spiegato – che danneggerebbe moltissimo gli operatori del settore”.
Nel suo discorso il ministro Romano ha affrontato il tema del calo dei consumi interni: “Mai come oggi – ha detto – è necessario pensare tanto all’export quanto al mercato nazionale, dove la riduzione dei consumati va affrontata attraverso una comunicazione mirata, che riporti il vino a quella che è la sua primaria natura di prodotto tradizionale italiano”.
Sulla comunicazione si gioca, secondo Zaia, “una battaglia di civiltà per salvare il settore vitivinicolo”, che sul tema del consumo di alcol e sicurezza stradale paga un conto non suo. “Oggi questo tema – ha detto Zaia – viene sempre più scaricato sulle spalle dei nostri viticoltori e c’è addirittura chi vorrebbe portare a zero il limite di alcol per chi guida. Ma se passa questa idea perdiamo i clienti dei ristoranti. Occorre invece ribadire con chiarezza che il 98% degli incidenti stradali in Italia non è causati dall’alcol, ma da ben altre ragioni e sostanze”.
L’importanza di un evento come Vinitaly non è circoscrivibile solo al settore vitivinicolo. Infatti, “Vinitaly è una grande occasione per tutta la città di Verona, ma anche per la nostra Regione e l’Italia – ha detto il sindaco Flavio Tosi -. La platea istituzionale presente oggi lo dimostra”. Per questo – ha detto Tosi – “la Fiera di Verona deve continuare a crescere, anche attraverso le opere che stiamo realizzando. Le chiavi per la ripresa sono ottimismo, volontà e voglia di crederci. E il sistema Verona queste chiavi le ha”.
D’accordo Giovanni Miozzi, presidente della Provincia di Verona: “La Fiera di Verona – ha detto – è il punto di riferimento per tutte le aziende che investono in un settore fondamentale per la nostra economia. Un comparto, quello vitivinicolo della nostra provincia, fondamentale anche a livello nazionale e internazionale, visto la fama dei nostri vini. Un’eccellenza che diventerà ancora più forte con l’apertura, a San Floriano, del Polo enologico”.
Ma tornando alle notizie vere un dato significativo è che per la prima volta nella storia le esportazioni di vino Made in Italy in valore hanno sorpassato i consumi nazionali nel 2010. Emerge da un’analisi della Coldiretti divulgata a Vinitaly. “Si tratta – sottolinea la Coldiretti – dell’effetto congiunto dell’aumento del valore delle esportazioni che con una crescita del 12% hanno raggiunto la cifra record di 3,93 miliardi di euro e del calo del 4,8% negli acquisti familiari degli italiani, secondo Ismea, che ha portato il valore delle vendite a livello nazionale a 3,89 miliardi di euro. Il risultato è stato comunque – precisa la Coldiretti – un aumento del fatturato complessivo che è passato da 7,6 a 7,82 miliardi di euro del 2010, con un aumento del 3%”. “Il 2010 segna dunque – continua la Coldiretti – una svolta epocale sul mercato che è destinata a condizionare fortemente la produzione e la distribuzione del vino Made in Italy che dovrà fare i conti con il mutato scenario internazionale. Non è infatti un caso che lo storico sorpasso delle esportazioni sui consumi interni avviene proprio nell’anno in cui – riferisce la Coldiretti – gli Stati Uniti sono diventati per la prima volta il Paese dove si consuma complessivamente la maggior quantità di vino al mondo davanti rispettivamente a Francia ed Italia, secondo il report di Gomberg-Fredrikson nel 2010, durante il quale gli americani avrebbero consumato 329 milioni di casse da 12 bottiglie in mercato che, solo nel canale retail, vale 30 miliardi di dollari”.
Nonostante la produzione californiana rappresenti il 61% del vino consumato negli States, nel 2010 è cresciuto l’export del vino Made in Italy che ha conquistato il primato tra i vini stranieri. Negli Usa, dove si realizza oltre un quinto del fatturato all’estero, il vino italiano è cresciuto in valore dell’11% ed è leader di mercato davanti a Francia e Australia mentre l’aumento è stato “appena” del 4% nel mercato tradizionale della Germania che rimane comunque la destinazione più importante. “Non mancano però risultati sorprendenti sui nuovi mercati come la Cina dove è addirittura raddoppiato nel 2010 il valore del vino Made in Italy esportato con un aumento del 108% o in India con un + 65%, mentre la Russia – precisa la Coldiretti – con un aumento del 58% e un valore delle esportazioni nel 2010 di 104 milioni di euro è divenuto uno dei principali partner commerciali.
Alla domanda in crescita sui nuovi mercati si contrappone il preoccupante calo a livello nazionale con le famiglie italiane che nel 2010 hanno speso più per acquistare acqua minerale che vino: con 19,71 euro mensili per famiglia, l’acquisto dell’acqua minerale è diventata la prima voce di spesa del bilancio familiare per le bevande e supera il vino per il quale la spesa media familiare mensile è stimata pari a 12 euro. Negli ultimi 30 anni in Italia – sostiene la Coldiretti – si è praticamente dimezzato il consumo procapite di vino che è sceso a circa 40 litri a persona per un totale di poco più di 20 milioni di ettolitri”.
“Il forte calo nelle quantità di vino acquistate dagli italiani, che ha avuto una accelerazione negli ultimi dieci anni, in cui si è verificato un calo del 20%, è stato accompagnato – conclude la Coldiretti – da un atteggiamento più responsabile di consumo. Insieme al cambiamento delle abitudini alimentari soprattutto nelle ristorazione a far calare la domanda sono state, oltre ai ricarichi eccessivi, le campagne antialcol e la stretta sulle norme”.
Coldiretti alla presenza del Ministro Romano ha presentato la prima mostra dell'”altra vitivinicoltura solidale – Il welfare in bottiglia”, con i risultati del buon lavoro in vigna e in cantina di diversamente abili, detenuti ed ex tossicodipendenti. Io personalmente ho presentato recentemente il vino Zero solfiti prodotto da Agricoltura Capodarco che come coop sociale rientra a pieno in questo tipo di iniziative.
L’altra sigla sindacale del settore la Cia ha anch’essa dato dei dati interessanti sull’export, solo con i 20 milioni di ettolitri esportati lo scorso anno, il settore ha incassato quasi 4 miliardi di euro, ricavando così quasi il 30% del suo fatturato annuale complessivo, che ammonta a 13,5 miliardi di euro. Una bottiglia su tre ha oltrepassato i confini dello Stivale, facendo registrare un incremento a due cifre (più 11,7%) rispetto all’anno precedente. L’ottima performance stride però con gli aspetti meno salutari del settore. Se all’estero i nostri vini di qualità riscuotono un successo senza eguali, facendo del nostro Paese il primo esportatore di vino al mondo che conquista anche le nuove piazze dei paesi emergenti (soprattutto Cina e Russia, in cui l’import di vino italiano è cresciuto rispettivamente del 145% e del 69%), la vera partita il nostro vino deve giocarla in casa propria, dove i consumi diminuiscono con ritmo lento ma costante. Solo nel 2010 le vendite sono scese complessivamente dell’1,3%, ma la responsabilità è tutta dei vini sfusi, gli unici a perdere realmente terreno, facendo registrare una diminuzione di 2,1%.
Le bottiglie di qualità a denominazione, controbilanciano la caduta del vino “da tavola”, dimostrando di non accusare la diminuzione complessiva del consumo pro-capite, sceso da 55 a 43 litri in meno di 15 anni (dal 1995 al 2009), “perdendo” per strada ben 12 litri. Secondo le stime di Assoenologi, è destinato a diminuire ulteriormente raggiungendo nel 2015 i 40 litri, e buona parte della responsabilità di questi risultati in ribasso sta nella facile “criminalizzazione” del prodotto, che ha portato a confondere il consumo di vino (che, se bevuto con moderazione e regolarmente, fa bene alla salute, come confermano recenti studi scientifici) con l’abuso di alcol.
Come RGS Blog abbiamo recentemente affrontato l’ argomento in quanto stimolati da varie parti e non possiamo che condividere questi dati, e pertanto ci troviamo di fronte ad un cambiamento di tipo culturale. Da un’indagine della Cia, che fotografa il rinnovato rapporto degli italiani con il bere, risulta che il vino, da vero e proprio alimento sempre presente sulle tavole degli italiani a prescindere dalla qualità, oggi è prevalentemente accessorio al pasto, un “di più” da aggiungere solo se racchiude precise caratteristiche e tipicità. D’altra parte, solo il 48 per cento delle famiglie italiane -come emerge dall’indagine della Cia- beve vino a pasto, mentre sono sette su dieci gli italiani che scelgono le etichette a denominazione. L’attenzione alla qualità è, però, molto spesso accompagnata da quella per il prezzo: ben il 70% dei nostri connazionali dichiara di scegliere il prodotto in base al rapporto qualità-prezzo. Il 15% sceglie le etichette che superano gli 8 euro, il 25% preferisce quelle che oscillano tra i 4 e i 6 euro, mentre le bottiglie più vendute sono quelle che oscillano tra i 6 e gli 8 euro (60%).
Un’altra notizia che penso sia da amplificare riguarda il lavoro in agricoltura,dalle 250.000 aziende vitivinicole italiane nascono opportunità di lavoro per 1,2 milioni di persone impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse e di servizio. Emerge da un’analisi della Coldiretti, divulgata per Vinitaly 2011, dal quale si evidenzia che la vigna è anche momento di integrazione come dimostra il fatto che nel solo distretto del Prosecco lavorano immigrati di ben 53 differenti nazionalità da 4 diversi continenti.
“Sono mezzo milione i titolari di vigneti in Italia dove trovano occupazione oltre 210.000 lavoratori dipendenti, dei quali oltre 50.000 sono giovani e 30.000 stranieri”. L’impatto positivo non si ha però solo in vigna poiché la raccolta di un grappolo alimenta, secondo l’analisi della Coldiretti, opportunità di lavoro in ben 18 settori: 1) agricoltura, 2) industria trasformazione, 3) commercio/ristorazione, 4) vetro per bicchieri e bottiglie, 5) lavorazione del sughero per tappi, 6) trasporti, 7) assicurazioni/credito/finanza,8) accessori come cavatappi, sciabole e etilometri, 9) vivaismo, 10) imballaggi come etichette e cartoni, 11) ricerca/formazione/divulgazione, 12) enoturismo, 13) cosmetica, 14) benessere/salute con l’enoterapia, 15) editoria, 16) pubblicità, 17) informatica, 18) bioenergie.
Il vino è il settore dove sono stati utilizzati il maggior numero di voucher o buoni lavoro tra le diverse attività agricole ed extragricole. I voucher sono stati introdotti in via sperimentale proprio nel vino nella vendemmia 2008 e da allora (1/8/2008) ne sono stati utilizzati complessivamente 12,3 milioni dei quali 3,4 milioni in agricoltura di cui 1,8 milioni per la vendemmia secondo una elaborazione della Coldiretti.
“Si tratta di un contributo alla trasparenza del lavoro che ha certamente sostenuto la crescita dell’occupazione in agricoltura che nel 2010 è stato il settore con il più elevato tasso di crescita”, ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini.
In controtendenza rispetto all’andamento generale è infatti aumentata l’occupazione nelle campagne. Nel 2010 si è verificato un aumento degli occupati in agricoltura dell’1,9% a fronte del calo generale dello 0,7%. Sono 891.000 gli occupati agricoli in Italia nel 2010 dei quali 462.000 indipendenti (+0,6%) e 429.000 dipendenti (+3,3%) che fanno registrare il record della crescita tra tutte le attività produttive, secondo la Coldiretti che associa il maggior numero di imprese che assumono manodopera. I dati – conclude la Coldiretti – dimostrano che l’agricoltura ha grandi potenzialità per battere la disoccupazione e che la stabilizzazione delle agevolazioni contributive per le aree montane e svantaggiate, prevista dalla legge “Stabilità 2011″, fortemente voluta da Coldiretti, ha consentito di continuare a svolgere questa funzione essenziale.
Quindi finora notizie abbastanza positive e incoraggianti anche dal punto di vista del PIL italiano, rimane però il calo dei consumi interni , e spesso per dare una spiegazione si è puntato sulle normative legate alla guida dei veicoli e alle nuove norme del codice della strada.
Citando dei recenti dati ISTAT sul consumo di alcol tra i giovani, ad un’attenta lettura dei dati dell’Istituto di rilevazione statistica si rileva che si è ridotto il numero di giovani che consuma quotidianamente vino e di quelli che bevono solo vino e birra. Diversamente è aumentata la porzione di adolescenti che consuma cocktail e bevande alcoliche diverse dal vino”. A questa notizia si richiama anche il direttore generale di Assoenologi, Giuseppe Martelli, sul rapporto Istat sul consumo di alcol in Italia “È quello che Assoenologi denuncia da tempo e lo facciamo anche oggi con maggiore forza perché siamo nel periodo del Vinitaly, fiera internazionale del vino – prosegue Martelli – per richiamare alla correttezza dell’informazione che, se spettacolarizzata o travisata, rischia di avere pesanti ripercussioni sul piano economico per un comparto che rappresenta la prima voce dell’agroalimentare italiano, in termini di fatturato”.
Assoenologi ricorda che dagli anni ’70 ad oggi i consumi interni di vino sono scesi dai 120 litri pro capite agli attuali 43 e l’Italia figura negli ultimi posti in Europa nel rapporto tra alcol e incidenti stradali.
“Ogni abuso è da condannare – aggiunge Martelli – ma non possiamo fare a meno di rilevare che siamo di fronte a una esagerazione mediatica che sta inculcando nei consumatori l’idea che il vino sia la causa di tutti gli incidenti stradali, senza mai far differenza tra vino e “intrugli” che vengono bevuti solo per sballare. Quasi che il consumo di una buona bottiglia durante il pasto sia un crimine e non un piacere. Tutti parlano delle “stragi del sabato sera”, ma nessuno dice che i giovani nei locali non bevono vino ma altro”.
Rimango dell’idea che il vino è cultura, ed il vino di qualità lo è ancora di più, oserei affermare che chi beve vino di qualità fa una scelta sulle sensazioni positive della bevuta e non va certo alla ricerca dello sballo, più facilmente ottenibile con altre fonti alcoliche.
Perciò godiamoci gli ultimi due giornoi della kermesse veronese in tranquillità.
Salute e buon Vinitaly