Pillole autoctone Il Cacchione
Cacchione non è una brutta parola o una offesa, è un tipo di uva. Parliamo di una varietà a bacca bianca specifica di una piccola DOP nell’area geografica dei comuni di Anzio e Nettuno. Geneticamente è riconducibile all’uva Bellone che troviamo piantata in tutto il territorio laziale.
La peculiarità del Cacchione, è che la troviamo solamente nell’entroterra sabbioso del comune di Nettuno e di quello di Anzio, ad un passo dal mare.
Nel passare del tempo ha mantenuto la sua autenticità tanto che fonti storico-letterarie la descrivono sia in epoca romana, che in quella medievale e rinascimentale.
Del “Cacchione” parlano sia Plinio il Vecchio nelle sue Naturalis Historiae che Andrea Bacci nella De naturali vinorum historia.
Nelle opere di alcuni autori latini, ad esempio, frequentemente si leggono citazioni riguardanti i vini di quel promontorio che dalla Latina Tellus si protende lungo il Tirreno, lembo estremo della provincia di Roma e meta turistica dell’aristocrazia romana già al tempo di Cicerone. Gli imperatori Nerone e Caligola, ambedue nativi di Anzio e Nettuno e residenti per lunghi periodi nella famosa ed opulenta Villa Imperiale della Antium romana erano consumatori di quel vino. Proprio il vinum merum celebrato dai poeti veniva offerto in dono alla Dea Fortuna, protettrice di Anzio, nel suo celeberrimo tempio (Orazio, «O diva gratum, quæ regis Antium»).
Nel lungo silenzio del Medioevo la storia del promontorio vide Antium distrutta dai pirati saraceni e il sorgere, al suo posto, di Neptunum la cui popolazione si compose di agricoltori e pescatori che trovarono nella viticoltura una fonte di commercio.
Nobili famiglie romane quali i Colonna, gli Orsini, i Borghese ed i Caetani, ed i cardinali della Chiesa quali l’Albani, il Cesi e il Costaguti incoraggiarono e protessero la produzione vinicola con la quale crebbe un’attività commerciale di chiara fama.
I documenti dell’epoca, a partire dal 1400, riferiscono di un’ampia produzione di vini pregiati che gli stessi invasori saraceni trovarono così allettanti da far dimenticare loro le terre d’origine inducendoli a stabilirsi nella zona.
L’arrivo della fillossera nella seconda metà del 1800 porta ad una perdita delle vigne, ma non del Cacchione che grazie ai terreni sabbiosi dove viene ancora coltivato resiste al flagello diventando uno dei pochi vitigni superstiti in Italia. La maggior parte delle uve per sopravvivere fù innestata su barbatella americana resistente alla fillossera, mentre il cacchione sopravvisse autonomamente allo stato selvatico.
La coltivazione fu recuperata solo nel corso del secolo successivo ad opera della Cooperativa che diede origine alla Cantina Bacco. Con questa importante storia ridurre il Cacchione a semplice sinonimo di Bellone è certamente riduttivo. Sicuramente avere solo due cantine presenti nel territorio della DOP influisce sulla capacità di comunicazione , di conseguenza meno persone conoscono la presenza di questa uva e dei suoi meravigliosi vini.
La pianta ha foglia grande, pentagonale e pentalobata. Il grappolo è compatto, medio cilindrico e conico. Ha 1 o due ali. Gli acini sono sferoidali con buccia puntinata, pruinosa spessa e di colore verde giallo.
Il vino che si ottiene ha un colore giallo paglierino intenso, al naso arrivano i profumi complessi di frutta matura. In bocca è avvolgente, setoso e persistente, sapido e ben strutturato.
Un’etichetta di Riferimento?
Sicuramente il Pantastico Cacchione DOP prodotto dalla Cantina Bacco di Nettuno
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